29Mar2024
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Verso un nuovo umanesimo attraverso la revisione dei curricoli scolastici
QUI i paper dei relatori

L’VIII Seminario Nazionale di Educazione Interculturale “Verso un nuovo umanesimo attraverso  la revisione dei curricoli scolastici europei” svoltosi il 5/6/7 Settembre 2014 a Senigallia ha visto la partecipazione di quasi 200 persone provenienti da tutte le regioni d’Italia e da alcuni Paesi europei. Il focus delle tre giornate di lavoro è stata la riflessione sulla modalità di avviare i giovani  verso un Nuovo Umanesimo Cosmopolita, istanza espressa ormai anche dalle Indicazioni Nazionali 2012 e dal piano di  riforma della “Buona Scuola” di Matteo Renzi.

Christian Grataloup dell’Università di Parigi VII – Denis – Diderot con la sua relazione “Il profondo rinnovamento culturale in un mondo globalizzato” ha decolonizzato le menti dei presenti con la dimostrazione che i concetti sociali usati nella nostra cultura occidentale sono ormai messi in discussione e liquidati dalla ineludibile interconnessione del Mondo nell’era della società globalizzata. L’espressione francese “Trenta gloriosi” indica il periodo, compreso tra il 1945 e il primo shock petrolifero, che segna il passaggio dall’età moderna al  “postmodernismo”  che apre una nuova visione del mondo. Tra le trasformazioni, almeno lessicali, si segnala, per quanti insegnano storia o geografia, il lento scomparire di espressioni quali “sotto-sviluppo” (addirittura “paesi meno avanzati”), “in via di sviluppo”, ecc. Queste espressioni, esplicitamente evoluzionistiche, si basano sull’idea che tutte le società seguano lo stesso percorso, lo “sviluppo”, con un lessico nettamente storico e temporale. È nel 1980 con il Rapporto Brandt che viene coniata l’espressione “Nord/Sud”, espressione spaziale e non temporale, geografica e non evoluzionistica. La stessa rappresentazione geografica del mondo negli anni 70 si arricchisce di nuove proiezioni in linea con la nuova globalizzazione economica che esige un cambiamento di prospettiva. In un mondo globalizzato non è più sostenibile una rappresentazione etnocentrica (eurocentrica /sino centrica …) ed è necessario guardare la realtà con lenti diverse assumendo una mens critica con cui  analizzare il passato per trovare le trame utili a costruire un presente e un futuro a prova dell’attuale globalizzazione.

Catia Brunelli dell’Università di Urbino  ha affrontato  il tema  “A come, Alimentazione e … non solo”  per presentare un’UdA interdisciplinare da tradurre in attività didattica seguendo i principi innovativi  della revisione curricolare. Nella scelta dei contenuti il criterio di riferimento è stato infatti  quello di privilegiare tutti gli approfondimenti che favoriscono, nel discente, una riflessione di ordine etico e un cambiamento in senso pro-sociale e pro-ambientale del suo comportamento dettato dal testo Linee guida per la costruzione di unità di apprendimento redatto dal Comitato Scientifico del progetto europeo Critical review of the historical and social disciplines fora formal education suited to the global society. L’UdA intende inoltre legare la sua pregnanza alla particolare attenzione che essa riserva all’inserimento ragionato dei cosiddetti “indicatori di innovazione globale e interculturale”, quali la transcalarità, la processualità, la crono spazialitàla pluralità dei punti di vistal’interdipendenza riconosciuti come componenti essenziali per coadiuvare un’educazione globale ed eticamente orientata al benessere dell’intera umanità nel rispetto degli ecosistemi.

Antonio Brusa dell’Università di Bari ha presentato “Le migrazioni” affrontando la decostruzione dei cinque stereotipi comunemente più diffusi: 1) “Le migrazioni sono un fenomeno anomalo, la regola dovrebbe essere che ognuno stia a casa propria!”; 2) “Siccome gli immigrati arrivano a causa della povertà e del sottosviluppo dei loro paesi, il rimedio è di favorire lo sviluppo interno dei paesi del Sud, cioè aiutarli a non avere bisogno di emigrazione”; 3) “Qui in Italia si fanno pochi figli, mentre gli immigrati vengono da paesi dove ne fanno tanti, come l’Africa, perciò ci sommergeranno, l’Italia perderà la sua identità e in poche generazioni saremo tutti neri!” 4) “Con tutta la disoccupazione, soprattutto giovanile, che c’è in Italia e nei paesi europei mediterranei, non è possibile accettare l’immigrazione, che toglie il lavoro agli autoctoni” 5) “Qui in Italia (o: in Europa) siamo già in troppi: non solo non c’è spazio per accogliere altra immigrazione, ma anzi, sarebbe meglio che la popolazione calasse, ne guadagnerebbe anche la qualità dell’ambiente.” Sulla base di argomentazioni inconfutabili sono stati smontati ad uno ad uno i tarli dell’immaginario collettivo che alimentano il razzismo ed impediscono di capire che l’uomo per sua natura è migrante come ha dimostrato  il professor Brusa con una rapida presentazione dell’excursus storico delle migrazioni.

Andrea Fumagalli dell’Università di Pavia nella sua relazione “Le crisi del ‘900” ha presentato i due  principali approcci allo studio dell’economia politica, fra loro alternativi e non compatibili, che hanno caratterizzato il dibattito economico contemporaneo, a partire alla nascita dell’Economia Politica con Adam Smith. Il primo è l’approccio definito dell’Equilibrio Economico Generale (EEG) o individualistico, che a partire dalla fine del XIX secolo è divenuto dominante e controlla il meccanismo di cooptazione nella ricerca e nelle università, soprattutto anglosassoni. A tale approccio si contrappone quello che fa riferimento all’idea di economia politica come scienza sociale non riducibile ad un analisi individualistica, detto anche approccio eterodosso o storico, che ha le sue radici nel pensiero classico del XIX secolo, all’origine della stessa scienza economica. Ciò attesta  che la storia dell’umanità ha conosciuto diverse strutture economiche, dall’economia schiavistica all’economia feudale, all’economia capitalistica di mercato, all’economia socialista e  ognuna di queste forme storiche è sostenuta da teorie economiche diverse. Di qui quindi la consapevolezza che non esiste una teoria di validità universale in grado di spiegare il funzionamento di tutti i sistemi economici. In questa cornice si insinua la possibilità di ripensare l’attuale modello capitalistico e le teorie neo-liberiste che lo sottendono. La relatività dei sistemi e delle teorie economiche sembra oggi favorire l’uscita dalla accettazione fatalistica dell’esistente e aprire la via del cambiamento del sistema.

Roberto Mancini dell’Università di Macerata con le sue riflessioni su “La riforma della scuola” ha evidenziato l’urgenza di una svolta spirituale in quanto l’attuale è una crisi non tanto economica quanto di civiltà, di valori, di democrazia. L’etica per una società e una scuola rinnovate ci dà un criterio per coabitare il mondo senza distruggerlo e senza distruggerci. Abitare insieme è avere cura della comunanza di condizione esistenziale, è condividere bellezza, è fare fronte insieme, solidalmente, alle contrarietà della vita, è vivere l’ospitalità reciproca, è assumere il dovere di portare il meglio della propria tradizione all’ incontro corale con le altre sapienze del mondo aprendo nuove vie di apprendimento. La riforma della scuola deve dunque partire da una rigenerazione culturale e attingere ai saperi avanzati delle discipline che nella loro dimensione formativa esprimono una visione laica e plurale, adeguata al riconoscimento incondizionato della Dignità Umana di tutti gli esseri viventi. Il primo grande passo per questa nuova concezione del mondo è superare la rassegnazione e l’appiattimento sul grigio presente. L’educatore è sempre quello che propone il cambiamento e assume una distanza critica per avviare i giovani a recuperare il senso della vita. In particolare l’educatore riconoscerà e svilupperà quei tratti costitutivi della persona che in tutte le culture sono ritenuti essenziali: l’unicità, dunque l’originalità di ognuno; la relazionalità, e cioè l’essere in relazione onnilaterale, con noi stessi e con tutto ciò che è altro da noi; l’apertura, ossia la disponibilità e l’anelito verso un senso più grande di noi che illumini la vita; l’integrità, cioè l’armonia di tutte le dimensioni dell’essere della persona; la responsabilità, facoltà che attua i tratti precedenti e che include la libertà, la coscienza, la creatività. Allora educare è risvegliare e nutrire l’umanità di ciascuno, perché possa svilupparsi nel modo più poetico e originale. Educare è liberare le persone e la loro capacità di amare. Educare è mettere le nuove generazioni nella condizione migliore per rinnovare il mondo. In una scuola simile anche l’affinamento di tutte le competenze che un domani saranno preziose per il lavoro non sarà effettuato per preparare individui competitivi e autointeressati, in obbedienza a una pura logica di mercato, ma per formare persone che avranno piacere nel contribuire al bene comune. La Riforma deve essere il frutto di un processo democratico che deve coinvolgere studenti, famiglie, associazioni territoriali.

Mario Comoglio dell’Università Pontificia Salesiana ha illustrato “La didattica interattiva nel contesto di aula” evidenziando come le varie forme di dialogo rappresentano elementi di interazione, alcuni dei quali riescono ad essere interessanti, altri no. Privilegiando i primi sui secondi, la didattica interattiva molto coinvolgente impegna gli studenti in un uso elevato di processi cognitivi, metacognitivi e sociali; richiede l’uso, l’applicazione e l’acquisizione di conoscenze e di processi; stimola e vincola ad un dialogo aperto e sincero; conferisce agli studenti meno libertà di uscire dall’argomento o dal compito. La ricerca disponibile, in generale, sembra favorevole a quelle situazioni di classe nelle quali l’interazione è più dialogica. Gli studenti hanno l’opportunità di esprimere le proprie comprensioni e incomprensioni; possono pensare ad alta voce; porre domande ed esplorare idee senza essere immediatamente valutate o “sbagliate” o “giuste” dall’insegnante. Gli effetti positivi della condizione insegnante/studente sembra soprattutto si riferiscano alla natura sociale del nostro cervello di connettersi a quello degli altri. Il dialogo potrebbe anche promuovere un vero sviluppo mentale degli studenti. Se l’interazione o il gruppo richiede di ragionare, di esplicitare giustificazioni, l’argomentazione promuove la consapevolezza critica e meta-cognitiva dei ragazzi. Scoprire e manifestare punti di vista diversi rende più consapevoli, essere  messi contro i propri presupposti e tutte le contraddizioni che da essi derivano stimola le capacità mentali. Ipotizzare, porsi domande, argomentare, confrontarsi, dedurre, astrarre educano a un “atteggiamento riflessivo”; sviluppano una capacità di “dialogo” intramentale; aiutano a diventare più capaci di valutare le possibili strategie di problem solving in modo critico, di monitorare e di regolare il proprio modo di risolvere problemi quando successivamente si fa un compito per conto proprio.

Italo Fiorin, coordinatore del CSN sulle Nuove Indicazioni Nazionali ha portato l’attenzione della rivisitazione dei curricoli e delle nuove metodologie didattiche ad un tavolo di osservatori qualificati quali il direttore Focsiv, l’Assessore all’Istruzione della Regione Marche e i rappresentanti dell’Educazione di Austria e Repubblica Ceca. Tutti hanno mostrato interesse verso le proposte del progetto europeo Critical review of the historical and social disciplines fora formal education suited to the global society, evidenziando la convinzione che la scuola può essere elemento rigeneratore di questa società in profonda trasformazione.

Le Case Editrici MondadoriLoescherBBN  –  introdotte da Giovanni Vinciguerra (Direttore Tuttoscuola) –  si sono dichiarate disponibili ad una collaborazione e ad una presa visione delle “buone pratiche” presentate nei workshop del Seminario, che nei tre giorni di studio ha visto l’alternarsi di laboratori didattici atti a tradurre nella pratica del contesto d’aula le riflessioni della Ricerca Scientifica avanzata. 

Giovanna Cipollari